Un’indagine civica di Cittadinanzattiva sul diabete e sui pazienti in Italia evidenzia come ci siano forti differenze regionali, molti costi a carico dei cittadini, come sia trascurata l’assistenza dei bambini a scuola e come il 40% dei malati abbia dovuto sospendere le visite, anche per un anno, a causa della pandemia.

di Redazione —

Un’Indagine civica sul diabete, “Disuguaglianze, territorio, prevenzione, un percorso ancora lungo”, presentata, lo scorso 7 ottobre 2021, da Cittadinanzattiva, realizzata sulla base di oltre 7.000 questionari, rivela che in Italia c’è poca prevenzione e forti differenze regionali. I costi privati a carico del cittadino sono di 1500 € nel 19% dei casi. L’assistenza a scuola per i bambini con diabete è trascurata. Tecnologie e farmaci innovativi sono ancora poco usati. Durante la pandemia, poi, il 40% dei cittadini con diabete segnala la sospensione delle visite specialistiche anche per un anno. Il 53% non è inserito in un PDTA specifico, oltre l’86% paga di tasca propria sensori e dispositivi di ultima generazione per il monitoraggio della patologia o per eseguire visite ed esami. Soltanto nel 6% delle scuole è prevista l’assistenza infermieristica, oltre il 13% delle famiglie reputa inadeguato il menù servito nelle mense scolastiche rispetto alle esigenze dietetiche dei piccoli pazienti e quasi la metà rinuncia ad utilizzarle. Ci sono forti differenze tra Nord e Sud del Paese, ci si ammala di più se si appartiene a fasce di popolazione più disagiate, meno se si risiede in una regione del Nord, come Trentino e Veneto che registrano il numero minore di persone con diabete. La mortalità è più elevata al Sud.
In Italia le persone con diabete sono circa 3,4-4 milioni, quasi il 6% della popolazione. Si stima anche che 1-1,5 milioni di persone non sappia di avere il diabete e che altri 4 milioni siano a rischio di sviluppare la malattia. Le regioni con più elevata prevalenza di diabete sono la Calabria (8%), il Molise e la Sicilia (oltre il 7%) rispetto alla media italiana del 5,8%, mentre P.A. di Bolzano (3%), P.A. di Trento (4%) e Veneto (circa il 5%) presentano i valori migliori. Mortalità: per le regioni del Sud (4,48 per 10.000) e le Isole (4,26) è significativamente più elevata rispetto alle regioni del Centro (2,61) e del Nord (2,20). In Campania (5,53), Sicilia (4,93) e Calabria (4,43) i dati di mortalità per diabete più alti, in Lombardia (1,95) e P.A. di Bolzano e di Trento (1,60) quelli più bassi. Ancora oggi in Italia muoiono ogni anno più di 20.000 persone a causa del diabete.  


Quasi la metà delle persone con diabete è in cura presso un centro specialistico dedicato solo al diabete, il 28% presso un reparto ospedaliero che si occupa anche di diabete, ma tre su quattro sono costretti a fare da raccordo fra i servizi di cure, infatti solo il 6% segnala l’esistenza di procedure formalizzate di coordinamento tra diabetologi e altri specialisti e medici di medicina generale o pediatri di libera scelta.
A carico del cittadino pesano molti costi: l’86% degli intervistati segnala di pagare privatamente strisce reattive, lancette pungidito, gel glucosio convertito, cerotti e sensori per il monitoraggio della glicemia, perché non prescritti o forniti in numero insufficiente, o in ritardo, ed esami di laboratorio e visite specialistiche. Circa il 13% segnala una spesa di 100 € l’annoil 33% di 300 €, il 6% di 450 €, il 7% di 1.000 €, il 19% di 1.500 €, con punte sino a 3.000 €. La spesa di maggior rilievo riguarda i sensori e i dispositivi per il monitoraggio in continuo della glicemia. Il 13% paga un ticket per i farmaci, che va da 1 a 2 €, per confezione, il 4% paga una differenza per ottenere il farmaco di marca anziché quello equivalente.
Più della metà degli intervistati ha segnalato sospensioni dei servizi offerti da Centri o servizi diabetologici, il 6% per l’intero periodo del confinamento (lockdown), il 13% da 6 mesi ed un altro 13% a un anno.

Sono stati più accessibili gli ambulatori delle ASL, il 12% ha ottenuto da 3 a 5 appuntamenti. Sospensioni delle visite diabetologiche nel 40% dei casi, per periodi che variano da 4 mesi ad un anno: in due casi su tre l’interruzione si è protratta da 6 a 9 mesi.  In un terzo dei casi si segnala l’attivazione di controlli a distanza nelle fasi più dure della pandemia, tramite telefono, chat di messaggistica, collegamento web o piattaforme di telemedicina). Per il 58% dei pazienti queste modalità proseguono ancora oggi.
All’indagine ha partecipato circa il 16% dei genitori con la maggior parte che deve farsi carico della misurazione della glicemia e della somministrazione di insulina a scuola. Oltre la metà segnala la mancanza di formazione del personale scolastico, o che le informazioni sulla gestione delle ipoglicemie, 72% dei casi, spesso sono fornite dagli stessi genitori. L’assistenza infermieristica per la somministrazione di insulina è presente solo nel 6% delle scuole. Per il 13% dei genitori la mensa scolastica è inadeguata per la gestione della patologia, mentre, uno su tre sceglie di non usufruirne. 
Ha ricevuto sostegno psicologico il 24% delle famiglie, in gran parte ad opera delle associazioni dei pazienti (63%), per il 19% attraverso i centri diabetologici o altre strutture delle ASL, e per il 17% ricorrendo a proprie spese ad uno psicologo privato.

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