Lo sai, Carl, che dopo un secolo sono ancora perfettamente funzionanti scuole e prefetture costruite nel Ventennio, mentre crollano edifici e tribunali degli anni Ottanta e Novanta? Senti a me, caro Marx, le tragedie sanno essere a loro modo splendide, ma le farsesche repliche sanno far piangere per la rabbia e lo sdegno…

di Redazione —

La scrittrice Mariella Di Monte, autrice di “Perchè scende la notte” scrive, sulla sua pagina fecebook, una lettera aperta al filosofo tedesco, Carl Marx, che pubblichiamo integralmente, dove ironicamente gli chiede: «Caro Marx, com’è il fatto che la storia si ripete sempre due volte, la prima come tragedia e la seconda come farsa?», quindi, gli chiede di parlarne, sottolineando: «È difficile negare che l’esperienza del fascismo sia stata una tragedia immane – e proprio in quanto tale non scevra da picchi di lirismo assoluto – ma, a me, sembra non meno drammatica la replica che ne sta andando in scena.

Il primo fascismo fu quello delle leggi razziali, certo, ma fu anche il grandioso movimento culturale che partorì il Codice Rocco. Fu una dittatura, è innegabile, ma portò molte zone d’Italia fuori dal latifondo medievale con la riforma agraria e gli italiani fuori dall’analfabetismo di massa con la riforma scolastica di Gentile. Se poi vogliamo parlare dell’architettura pubblica fascista…
Lo sai, Carl, che dopo un secolo sono ancora perfettamente funzionanti scuole e prefetture costruite nel Ventennio, mentre crollano edifici e tribunali degli anni Ottanta e Novanta?
Il fascismo odierno, caro mio, è quello del DDL Zan e del Green pass obbligatorio (il Regime lo avrebbe chiamato lasciapassare, ma oggi si ignora l’italiano e si finge di conoscere le lingue straniere), dei DPCM del Conte Tacchia e del Drago – nomen omen – dallo sguardo rettiliano.
Prima ancora dei banchi a rotelle, aveva già partorito il decreto Lorenzin e la “buona scuola” di Renzi, quella che sforna analfabeti funzionali.
Se il primo fascismo – quello di tragica, splendida grandezza – si avvalse di intellettuali come D’Annunzio, quello odierno eleva a simbolo della sua pochezza gente come Saviano e Fedez, che il Vate non avrebbe messo neppure a spazzare gli aghi della leggendaria pineta, ormai perduta per sempre.

Senti a me, caro Marx, le tragedie sanno essere a loro modo splendide, ma le farsesche repliche sanno far piangere per la rabbia e lo sdegno.
Ah, dimenticavo: quelli di oggi si definiscono antifascisti. Forse, perché sanno anche loro che dei veri fascisti – i primi, quelli tragicamente grandi, nel bene come nel male – non sono neanche un’unghia. Si dicono anche di sinistra, quindi marxisti, sia pure alla lontana. Qui, al posto tuo, un poco poco, mi sentirei offeso. Anzi, andrei darei proprio in escandescenze: ma come vi permettete?
Buon giorno, Carl, ovunque tu sia.
Mi sa che il conte di San Germano ci aveva capito più di te, forse perché diceva di aver campato novecento anni: l’umanità non impara mai niente e fa sempre gli stessi errori.
Ora che ci penso, pure il nostro Gramsci in questa analisi ti ha superato: la scuola è maestra, ma non ha scolari; stanno tutti con la play station sulle ginocchia e l’audio del computer disattivato, mentre i professori in cravatta e mutande, la moglie spettinata e la cucina sottosopra, fanno lezione in DAD
.».

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