DOGLIONI: «La conoscenza di queste manifestazioni della Terra aiuta a focalizzare più specificatamente la prevenzione sismica nelle future aree epicentrali, aiutando a calibrare la valutazione della pericolosità sismica, in cui il movimento verticale gioca un ruolo rilevante nell’aumentare un maggiore scuotimento orizzontale e, quindi, maggiori danni. Perché i terremoti torneranno: in media in Italia si generano circa 20 terremoti distruttivi al secolo.».
di Piero Mastroiorio —
Uno studio, “The epicentral fingerprint of earthquakes marks the coseismically activated crustal volume”, pubblicato su Earth Science Reviews, realizzato da un team di ricercatori dell’Università Sapienza di Roma e dell’ INGV, Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, che, attraverso le immagini ottenute dall’interferometria satellitare, ha analizzato la ”impronta digitale” dei terremoti attraverso il riconoscimento della deformazione del suolo che accompagna un evento sismico. Gli scienziati, infatti, sono riusciti a stimare con precisione le dimensioni e a riconoscere l’area dove si concentrano gli scuotimenti più violenti che accompagnano i terremoti.
Le immagini ottenute con la tecnica InSAR, Interferometric Synthetic Aperture Radar, consentono di rilevare la deformazione cosismica, cioè, la deformazione istantanea e permanente causata dal terremoto, delimitando l’area epicentrale dove si è concentrato lo spostamento maggiore, attraverso l’analisi della deformazione del terreno attorno alla faglia attivata durante un terremoto.

Nella ricerca sono stati analizzati 32 eventi sismici, con l’obiettivo di «confrontare i campi di deformazione in termini di forma, estensione spaziale e volumi di crosta terrestre coinvolti sia dalla mobilizzazione che dal contemporaneo attraversamento da parte delle onde sismiche, e il corrispondente tipo e magnitudo di terremoto», come spiega il Presidente dell’INGV e Professore della Sapienza, Carlo Doglioni, sottolineando: «La dimensione dell’area di superficie terrestre deformata rilevata da InSAR per terremoti magnitudo uguale o maggiore di 6 è sempre maggiore di 100 km2, mentre è anche oltre 550 km2 per terremoti di magnitudo di circa 6.5. Inoltre, il confronto tra InSAR e le accelerazioni di picco del suolo documenta un maggiore scuotimento all’interno delle aree che subiscono una maggiore deformazione verticale.».
«Dal 1993, con i dati InSAR è stato analizzato un lungo elenco di eventi sismici, sempre crescente grazie all’incremento del numero dei satelliti, al miglioramento della qualità di sensori SAR, e delle tecniche InSAR nelle aree continentali. Con esse è possibile rilevare la deformazione cosismica, delimitando l’area epicentrale dove si è concentrato lo spostamento maggiore. Al di fuori di quest’area, a parte fenomeni di amplificazione locale, lo spostamento del suolo diminuisce, determinando l’attenuazione dello scuotimento sismico», dicono Patrizio Petricca e Christian Bignami , il primo ricercatore della Sapienza ed il secondo ricercatore dell’INGV.
«La conoscenza di queste manifestazioni della Terra aiuta a focalizzare più specificatamente la prevenzione sismica nelle future aree epicentrali, aiutando a calibrare la valutazione della pericolosità sismica in cui il movimento verticale gioca un ruolo rilevante nell’aumentare un maggiore scuotimento orizzontale e quindi maggiori danni. Perché i terremoti torneranno: in media in Italia si generano circa 20 terremoti distruttivi al secolo», conclude il Presidente INGV, Carlo Doglioni.
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