di Piero Mastroiorio —

Nella giornata del 19 giugno 2024, dopo una lunga maratona notturna, l’aula di Montecitorio ha licenziato, con 172 sì, 99 voti contrari e 1 astenuto, facendolo divenire legge, ciò che era disegno di legge sull’autonomia differenziata, cioè, la possibilità per le regioni italiane di ottenere maggiori competenze e risorse rispetto a quanto previsto dalla legislazione nazionale, in base a specifici accordi con lo Stato, modello introdotto dalla riforma costituzionale del 2001, che modificava il Titolo V della Costituzione italiana, permettendo alle regioni di negoziare una maggiore autonomia in determinate materie.

Riforma che apriva la strada a una maggiore decentralizzazione del potere, con l’obiettivo di avvicinare l’amministrazione pubblica alle esigenze locali e di rendere più efficiente la gestione delle risorse. L’Articolo 116, comma 3, della Costituzione stabilisce che le regioni a statuto ordinario possono ottenere forme e condizioni particolari di autonomia, tramite una legge statale approvata a maggioranza assoluta delle Camere, su proposta del Governo, sentiti i presidenti delle regioni interessate.

Quali sono le materie coinvolte nella maggiore autonomia?

Le materie su cui le regioni possono richiedere maggiore autonomia sono numerose e comprendono, tra le altre, l’Istruzione, attraverso la gestione e organizzazione del sistema scolastico e universitario, la Sanità, attraverso l’amministrazione dei servizi sanitari e ospedalieri, le Infrastrutture, attraverso lo sviluppo e la manutenzione delle infrastrutture regionali e l’Ambiente, attraverso gestione e tutela di ambiente e territorio.

Le Regione come possono ottenere l’autonomia differenziata?

Il processo di negoziazione per ottenere l’autonomia differenziata inizia con una richiesta formale da parte della regione interessata, seguita da trattative con il Governo centrale. Se l’accordo viene raggiunto, il Parlamento deve approvare una legge specifica per concedere l’autonomia richiesta. Questo processo è complesso e richiede una forte cooperazione tra i diversi livelli di governo.

Quali potrebbero essere i vantaggi per le Regioni?

Tra i vantaggi regionali possiamo annoverare:

  • maggiore efficienza, le Regioni possono adattare le politiche alle specifiche esigenze locali, migliorando l’efficienza e la qualità dei servizi pubblici;
  • responsabilità locale, maggiore responsabilizzazione delle amministrazioni locali nella gestione delle risorse;
  • competitività, le Regioni possono sviluppare strategie specifiche per attrarre investimenti e migliorare la competitività economica.

Di contro, quali potrebbero essere gli svantaggi per Regioni?

Gli svantaggi regionali potrebbero essere:

  • disparità regionali, rischio di aumentare le disparità tra regioni ricche e povere, creando un’Italia a due velocità;
  • complessità amministrativa, atteso un incremento della burocrazia e della complessità amministrativa;
  • unità nazionale, attraverso il timore che l’autonomia differenziata possa indebolire il senso di unità nazionale e la solidarietà tra le regioni.

Lo stato odierno delle cose, annovera, Regioni, come la Lombardia, il Veneto e l’Emilia-Romagna, tra quelle che hanno già avviato il percorso per ottenere maggiori forme di autonomia, anche se, il dibattito politico e sociale su questo tema è ancora acceso, con posizioni divergenti sia tra i partiti politici sia tra gli esperti di Diritto costituzionale.

Avere paura dell’autonomia differenziata è legittimo?

Per dirla con un luogo comune, a vedere come vengono gestite le cose in Italia, avere paura sarebbe più che legittimo, come lo é per le novità, il tempo di misurarla e l’autonomia differenziata, che, senza dubbio, rappresenta una sfida e un’opportunità per il sistema amministrativo italiano, se gestita correttamente, dimostrerà di portare al sistema Italia una maggiore efficienza e adattabilità delle politiche pubbliche, anche se, è fondamentale assicurare che questo processo non accentui le disuguaglianze regionali e che venga mantenuta una coesione nazionale forte. Il futuro dell’autonomia differenziata dipenderà dalla capacità delle istituzioni di bilanciare questi diversi obiettivi e di costruire un sistema di governance che sia equo e sostenibile per tutte le regioni italiane per non creare, nella sua attuazione squilibri, sperequazioni e differenziazioni tra una parte e l’altra d’Italia.

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