Per il 30% dei bambini dai 6 ai 10 anni dipende dalle ristrettezze economiche e nell’ultimo periodo, attraversato dall’Italia, sono diventati fondamentali gli spazi aperti per l’attività sportiva e le palestre a scuola, che però risultano essere poche.

di Redazione —

Quasi 1 minore su 5 non fa sport, per circa il 30% dei bambini dai 6 ai 10 anni la causa della mancata attività sportiva è la condizione economica della famiglia. La pandemia ha avuto un impatto, come su altri aspetti, atteso che prima del suo arrivo, i minori praticavano sport soprattutto in spazi chiusi, era così per il 70% dei praticanti adolescenti e oltre l’84% dei giovanissimi, mentre meno di un giovane su quattro faceva sport in spazi all’aperto non attrezzati, contro il 41,9% dell’intera popolazione. Diventano fondamentali le aree sportive all’aperto, campi sportivi, piscine, campi polivalenti, che però non sono presenti ovunque. È il quadro che emerge dal rapporto nazionale sui minori e lo sport, realizzato dall’Osservatorio Con i Bambini e Openpolis nell’ambito del Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile, che analizza la pratica sportiva per bambini e ragazzi prima e dopo la pandemia, tra offerta di aree sportive all’aperto e presenza di palestre scolastiche, che evidenzia: «Nelle città del nord-est si trova il 18% dei minori e quasi il 40% delle aree sportive all’aperto presenti nei capoluoghi italiani. In quelle del sud il 19% dei minori e solo il 10% delle aree sportive all’aperto. Pochi spazi per lo sport anche nelle scuole, con forti differenze territoriali. Friuli e Piemonte sono le uniche regioni in cui il numero di scuole con strutture sportive supera il 50%. In fondo alla classifica troviamo Calabria (20,5%) e Campania (26,1%), che sono anche quelle con il minor numero di ragazzi e ragazze che praticano sport con continuità».

L’impatto della pandemia in termini di mancata attività sportiva e chiusura di parchi e impianti sportivi è stato poco approfondito. Il quadro pre-pandemia evidenzia che «nel 2019, quindi già prima delle chiusure causate dal Covid-19, quasi un giovane su 5 era sedentario: oltre il 18%, tra i bambini di 6-10 anni e gli adolescenti di 15-17 anni, quasi il 16% nella fascia 11-14 anni e oltre il 40% tra i più piccoli (3-5 anni).».
La pandemia è intervenuta in un contesto dove la sedentarietà tra i minori si stava riducendo. Il 45,4% delle ragazze tra 6 e 24 anni fa sport in modo continuativo. Tra i ragazzi della stessa età la quota sale al 58,5%. Fra i più piccoli (3-10 anni) il nuoto è uno degli sport più praticati: è il primo tra le bambine (48,7% di chi fa sport) e il secondo tra i bambini (39,4%), a poca distanza dal calcio (43,7%).

Quali sono le ragioni che portano i minori a non fare sport?

Alla domanda risponde agevolmente l’indagine di Con i Bambini: «Tra i più piccoli, nella fascia 3-5 anni, il motivo indicato più spesso è l’età del bambino. Nelle altre classi di età, l’inattività viene ricondotta a una mancanza di tempo e interesse. Tali risposte crescono all’aumentare dell’età del bambino. Ma non sono infrequenti anche cause legate alla condizione economica del nucleo familiare. Queste riguardano il 20% dei ragazzi tra 11 e 17 anni e quasi il 30% dei bambini tra 6 e 10 anni. Altra causa non irrilevante è quella legata alla mancanza di impianti o la scomodità degli orari di apertura (circa un decimo delle risposte dai 6 anni in su). La disomogeneità dell’offerta sul territorio di servizi sportivi e impianti, ci conduce all’importanza di valutare soprattutto in chiave locale le differenze nell’accesso alla pratica sportiva.».
Con la pandemia diventa fondamentale lo sport all’aperto e la presenza di aree che permettono di farlo. La presenza di aree sportive all’aperto (campi sportivi, piscine, spazi verdi e quant’altro) è però piuttosto scarsa e squilibrata. A questo si aggiunge anche la scarsa presenza di strutture sportive nelle scuole, che potrebbero rappresentare un’occasione per fare sport anche in orario scolastico, anche per le famiglie in difficoltà.
Come emerge dall’indagine, però, «solo il 40,8% degli istituti scolastici in Italia è provvisto di palestra o piscina», a cui si aggiungono forti differenze territoriali, come spiega l’analisi: «A livello regionale, solo in due casi gli istituti scolastici dotati di strutture sportive sono più del 50%. Si tratta del Friuli Venezia Giulia dove a fronte di circa 1.000 scuole presenti quasi 600 sono dotate di palestre (il 57,8%) e del Piemonte dove invece le scuole con palestra sono circa 1.600 su un totale di oltre 3.000 (il 51%). Al terzo posto c’è la Toscana con il 48%. Agli ultimi posti, con meno di 3 edifici scolastici dotati di impianti su 10, troviamo invece Calabria (20,5%) e Campania (26,1%). È interessante notare che le due regioni che presentano la percentuale più bassa di palestre nelle scuole, Calabria e Campania, siano anche tra quelle con il minor numero di ragazzi e ragazze che praticano sport con continuità. Questo aspetto però non riguarda solo il Sud. Infatti anche tre regioni nel nord Italia si trovano al di sotto della media nazionale. Si tratta della Valle d’Aosta (39,3%), dell’Emilia Romagna (34,8%) e della Liguria (40,2%). Allo stesso tempo, possiamo osservare come alcune regioni del meridione abbiano dati superiori. Tra queste, l’Abruzzo (40,9%), la Basilicata (41%), la Sardegna (42,4%) e la Puglia (46,3%).».

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