La “tomografia sismica”, sistema che consente di ottenere immagini tridimensionali dell’interno della Terra, applicata in Italia dai ricercatori dell’INGV, ha svelato nuovi dettagli sulla struttura profonda e sull’evoluzione geodinamica delle Alpi e degli Appennini.

di Piero Mastroiorio —

I risultati dello studio “Lithosphere Structure, Processes, and Physical State of the Alpine-Apennine System”, pubblicati recentemente sulla rivista “Journal of Geophysical Research”, realizzati da un team di ricercatori dell’INGV, Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, rivelano come, grazie all’applicazione di una tecnica sismologica denominata Tomografia Sismica, siano riusciti a realizzare una rappresentazione omogenea della struttura tridimensionale dell’intera regione italiana fino alla profondità di 80 km, così da migliorare la comprensione della nascita e dell’evoluzione delle catene montuose Alpina e Appenninica.

Risultati di test sintetici in cui sono stati simulati due lastre continue ad alto Vp (+5%) basso Vp/Vs (−5%) sotto le Alpi e gli Appennini nel mantello più alto (50–80 km).

«La formazione delle catene montuose è il risultato dello scontro tra le placche tettoniche in cui è suddivisa la litosfera, ovvero la parte più superficiale, fredda e rigida del nostro pianeta. La definizione spaziale, laterale e in profondità dei limiti di queste strutture, il cui reciproco movimento ha dato vita all’assetto attuale della penisola italiana, risulta quindi fondamentale per definire la sua evoluzione geodinamica», spiega Pasquale De Gori, ricercatore dell’INGV.
«Il fenomeno della ‘subduzione’, causa importanti variazioni dello stato chimico e fisico dei volumi di roccia che rispondono in maniera differente alle sollecitazioni elastiche. Un modo per studiare queste eterogeneità è quello di calcolare come varia la velocità di propagazione delle onde sismiche da cui sono attraversate in seguito alla genesi di un terremoto», spiega Pio Lucente, ricercatore dell’INGV, a proposito delle placche tettoniche, che sono in perenne e lento movimento, il cui processo di collisione, determina subduzione lo sprofondamento di ampie porzioni di volumi della litosfera all’interno del mantello terrestre.

Modelli Vp pert e Vp / Vs pert (%) (pannello sinistro e destro) in strati tra 5 e 80 km. Le linee viola indicano dove la risoluzione è il 70% dell’elemento diagonale. Le linee nere mostrate negli strati di velocità evidenziano la profondità del mantello litosferico adriatico, europeo e ionico e sono tracciate seguendo usando come proxy il brusco cambiamento dalle zone Vp a bassa perturbazione (+%) a zone Vp a più alta perturbazione ( − % ). A 30 km di profondità, la linea blu è la profondità moho in accordo con Spada et al. ( 2013 ) mappa moho.

Attraverso l’utilizzo della Tomografia Sismica, una tecnica analoga alla TAC, Tomografia Assiale Computerizzata, che si usa in ambito medico, è stato possibile determinare come si propagano le onde sismiche P, cioè, le onde compressionali, nonché, le onde sismiche S, cioè le onde trasversali, al di sotto della Penisola italiana, individuando le zone ‘veloci’, cioè, quelle zone associate a rocce dense e fredde, nonché, quelle “lente”, composte da rocce meno dense e più ‘calde’. Quindi, con l’analisi delle onde P e S generate da un terremoto, la tomografia sismica consente di ottenere immagini tridimensionali dell’interno della Terra, nella tessa misura di come, attraverso l’utilizzo dei raggi X, la TAC medica consente di ricostruire l’interno del corpo umano.
«Partendo dalla registrazione dei terremoti rilevati dalle stazioni della Rete Sismica Nazionale dell’INGV, in aggiunta a quelle di un’ulteriore rete sismica molto densa installata prevalentemente nell’arco Alpino, nell’ambito del progetto europeo ‘AlpArray, abbiamo elaborato modelli tomografici in grado di descrivere la propagazione delle onde all’interno della litosfera e di fornire una rappresentazione omogenea della struttura tridimensionale dell’intera regione italiana è stato possibile evidenziare come le Alpi derivino dalla ‘subduzione’ della placca europea al di sotto di quella africana, mentre la placca adriatica si immerge nel mantello terrestre al di sotto della catena appenninica. Proprio le geometrie e le variazioni laterali delle placche litosferiche ricostruite attraverso le immagini tomografiche hanno consentito di determinare le caratteristiche della subduzione al di sotto dell’orogene alpino. Il dettaglio delle immagini tridimensionali ottenute ha permesso di distinguere la natura della litosfera in subduzione, ossia se trattasi di litosfera continentale o oceanica e di evidenziare l’insorgenza di un processo di progressivo sprofondamento della porzione più profonda e densa della litosfera continentale adriatica al di sotto della catena appenninica, un processo geodinamico noto come ‘delaminazione (processo che porta al distacco e all’affondamento della porzione inferiore di litosfera da una placca ndr). Inoltre, l’analisi comparata dei modelli di velocità delle onde P e S, consente di individuare i volumi, all’interno della litosfera, dove si accumulano componenti fluidi, che hanno un ruolo molto importante nell’evoluzione dei processi sismogenetici”, conclude la ricercatrice», conclude Irene Menichelli, dottoranda in Scienze Geologiche presso l’Università di Roma Tre, prima autrice dello studio realizzato in collaborazione con l’INGV.

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