Greenpeace lancia l’azione legale contro la Commissione europea che include gas fossile e nucleare nella tassonomia europea ritenendola “l’operazione di greenwashing più grande della storia”, dopo che il Parlamento europeo non è riuscito a bloccare il piano di inclusione nell’elenco degli investimenti fra le attività ritenute “green”, ecocompatibili e meritevoli di sostegno finanziario agli investimenti.

di Redazione —

Greenpeace, l’associazione ambientalista, con gli uffici di diversi paesi europei vuole portare la Commissione davanti alla Corte di giustizia della Ue, attraverso un’azione legale contro l’inclusione di gas e nucleare nell’elenco degli investimenti considerati sostenibili della tassonomia verde europea, il provvedimento con cui Bruxelles stabilisce quali attività siano ecocompatibili e meritevoli di sostegno finanziario agli investimenti ed avente come obiettivo «contribuire a migliorare i flussi monetari verso attività sostenibili in tutta l’Unione europea».

All’inizio dell’anno, la Commissione ha deciso di aggiungere alla tassonomia anche gas e nucleare, che in questo modo vengono considerate fonti energetiche utili alla transizione ecologica, con l’etichetta “green” a determinate condizioni, valutazione che ha trovato l’obiezione e la protesta di ambientalisti e società civile, come ricorda Greenpeace, sottolineando che «Il Parlamento europeo a luglio non è riuscito ad adottare una obiezione formale a questa decisione, a dispetto di un’opposizione diffusa dei cittadini europei, degli scienziati del clima, delle istituzioni finanziarie e delle organizzazioni ambientaliste.».

un deposito di scorie nucleari

«Questo marchio verde fasullo è incompatibile con le norme EU sul clima e sull’ambiente. Il gas fossile è una delle cause principali della crisi climatica ed economica, mentre per il nucleare non c’è ancora nessuna soluzione al problema delle scorie e il rischio di incidenti è troppo elevato per poter essere ignorato. Quest’inverno dovremo affrontare una crisi energetica e bollette salate. È vergognoso che chi ha causato questa crisi energetica ne approfitti mentre le persone soffrono. La Commissione Europea si è schierata etichettando come “verdi” gas e nucleare. Fin dall’inizio, il greenwashing del gas fossile e del nucleare in Tassonomia aveva una motivazione politica, ma questo non aiuterà la Commissione Europea in tribunale», precisa Ariadna Rodrigo, campaigner per la Finanza sostenibile per la Greenpeace European Unit.

una centrale nucleare

Greenpeace lo aveva annunciato già in luglio, denunciando che gas fossile e nucleare nella tassonomia sono «l’operazione di greenwashing più grande della storia» e lo scorso 8 settembre 2022, attraverso gli uffici in diversi paesi europei, come Italia, Germania, Francia, Spagna, Belgio, Lussemburgo, Europa Centrale e Orientale e la Greenpeace European Unit, ha inviato una RIR, una richiesta formale per una revisione interna alla Commissione, spiegando: «L’inclusione di gas e nucleare nella tassonomia viola infatti il regolamento sulla tassonomia (Reg. EU 2020/852), la Legge Europea sul Clima (Reg. EU 2021/1119) e gli obblighi dell’UE definiti dall’Accordo di Parigi del 2015. La Commissione ha tempo fino a febbraio per rispondere alle nostre motivazioni. Qualora concordasse con le nostre motivazioni, potrebbe ritirare gli atti delegati complementari che hanno aggiunto gas e nucleare alla Tassonomia. In caso contrario, solleveremo la questione davanti alla Corte di Giustizia UE.».

GAS: nave trasporto e rigassificatore

Il solo modo per risolvere crisi climatica ed energetica è una transizione energetica basata sulle fonti rinnovabili e l’efficienza energetica, ricorda Greenpeace, che ancora una volta sottolinea problemi e lacune di gas e nucleare: «Chiamare il gas fossile “sostenibile” nega ogni base della scienza del clima. A oggi il gas fossile è la maggiore fonte di emissioni nella generazione elettrica in Europa. L’energia nucleare porta con sé il problema delle scorie, mentre i tempi di costruzione degli impianti sono lunghissimi. L’energia nucleare crea scorie radioattive pericolose e usa notevoli quantità di acqua dolce, per raffreddare gli impianti, con impatti ambientali considerevoli. Non solo, i tempi lunghi della realizzazione degli impianti (10/15 anni) e i costi crescenti escludono ogni loro utilità per risolvere la crisi climatica: sono solo una pericolosa perdita di tempo e denaro.».

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