Il primo rapporto Coldiretti/Censis, sulle abitudini alimentari degli italiani dopo la pandemia, mostra come il Covid-19 ha cambiato anche il rapporto degli italiani con il cibo: quasi uno su 3 ha ancora paura di mangiare al ristorante, il 94% è attento a non sprecare cibo e come siano almeno 4.800.000 le persone a rischio povertà alimentare nei prossimi mesi.

di Piero Mastroiorio —

Il primo Rapporto Coldiretti/Censis sulle abitudini alimentari degli italiani nel post Covid, presentato in occasione dell’inaugurazione della 19^ edizione del Forum Internazionale dell’Agricoltura e dell’Alimentazione, che si è tenuta a Roma il 18 e 19 novembre 2021, rivela come siano almeno 4.800.000, in Italia, le persone a rischio povertà alimentare nei prossimi mesi. , a cui si aggiunge un 17,4% consapevole del fatto che dovrà limitarsi alle sole spese necessarie, tra casa e alimentazione.

Uno dei timori lasciati dalla pandemia è quello relativo alla scarsa disponibilità di cibo. Secondo il rapporto, quasi un intervistato su quattro, il 24%, ha paura che con un riaggravarsi dell’emergenza pandemica possa finire il cibo nei punti vendita. Accanto a questo vi sono le preoccupazioni legate al timore del contagio, che, nonostante la voglia di tornare nei luoghi in cui ci si diverte e si sta insieme a tavola, fa segnare quasi un italiano su 3, cioè il 32%, avere ancora paura di mangiare al ristorante. Se tra i giovani tra i 18 e i 34 anni la percentuale di “timorosi” scende al 18%, tra gli over 65 sale addirittura al 50%, stando all’analisi Coldiretti/Censis.
La pandemia, però, ha reso le persone più sensibili agli sprechi, con ben il 94% che è diventato attento ad evitare di buttare nella spazzatura gli alimenti che acquista, come sottolineato da Coldiretti/Censis: «L’attenzione a non gettare il cibo sembra rientrare tra le abitudini emergenziali destinate a rimanere, a partire dall’usanza di portarsi il pranzo in ufficio, magari utilizzando gli avanzi della sera prima.».

Crollano, invece, gli acquisti di due prodotti molto utilizzati durante il confinamento (lockdown), farina e uova. Arretrano anche i prodotti confezionati, che in piena pandemia avevano fatto segnare un incremento dell’8%. Al contrario, decolla il fresco, ad esempio l’ittico, che fa segnare un +27% nel primo semestre 2021.
I consumatori, stando al rapporto sono anche più attenti alla sostenibilità ambientale: l’88% degli intervistati è disposto a pagare di più per il cibo sostenibile che non inquina, prodotto con logica da economia circolare, l’83% lo farebbe per avere prodotti tracciabili e il 73% per acquistare una specialità proveniente da un determinato territorio.

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