di Redazione —

Gli ultimi dati del rapporto Food Waste Index Report 2024, pubblicato nei giorni scorsi dall’UNEP, UN Environment Programme, redatto in collaborazione con il WRAP, Waste and Resources Action Program, del Regno Unito, che offre la stima globale più accurata sullo spreco alimentare a livello di vendita al dettaglio e di consumatore, rivelano come 1.000.000.000 di pasti vengano sprecati ogni giorno, mentre, oltre 783.000 di persone soffrono la fame e un terzo dell’umanità si trovava ad affrontare l’insicurezza alimentare, come lo spreco di cibo è trasversale, non è solo un problema dei paesi più ricchi, riguarda anche quelli più poveri, come continua a danneggiare l’economia globale e alimenta il cambiamento climatico, la perdita della natura e l’inquinamento, come il cibo sprecato sia pari a un quinto (19%) del cibo a disposizione dei consumatori fra servizio al dettaglio, ristorazione e ambito familiare, cui si aggiunge il 13% del cibo mondiale perso nella catena di approvvigionamento, secondo stime FAO.

Uno dei dati più eclatanti che emerge dal rapporto è che le famiglie sprecano almeno 1.000.000.000 di pasti al giorno, una media di 79 kg di cibo l’anno a persona. Del totale dello spreco alimentare nel 2022, il 60% è avvenuto a livello familiare, mentre i servizi di ristorazione sono responsabili del 28% e la vendita al dettaglio del 12%, come afferma Inger Andersen, direttrice esecutiva dell’UNEP, sottolineando: «Lo spreco alimentare è una tragedia globale. Milioni di persone soffriranno la fame oggi perché il cibo viene sprecato in tutto il Mondo. Non solo si tratta di un importante problema di sviluppo, ma gli impatti di tali rifiuti inutili stanno causando costi sostanziali al clima e alla natura. La buona notizia è che sappiamo che se i paesi danno priorità a questo problema, possono invertire significativamente la perdita e lo spreco alimentare, ridurre gli impatti climatici e le perdite economiche e accelerare i progressi verso gli obiettivi globali.».

Molti paesi a basso e medio reddito continuano a non avere sistemi adeguati per monitorare i progressi compiuti verso il raggiungimento dell’Obiettivo di Sviluppo Sostenibile 12.3 di dimezzare lo spreco alimentare entro il 2030, in particolare nella vendita al dettaglio e nei servizi alimentari.
Solo quattro Paesi del G20, Australia, Giappone, Regno Unito, Stati Uniti e l’Unione Europea dispongono di stime sullo spreco alimentare adatte a monitorare i progressi fino al 2030. I dati del rapporto confermano però che lo spreco alimentare non è solo un problema dei paesi ricchi.
I livelli di spreco di cibo domestico differiscono di poco, solo 7 kg pro capite, fra i Paesi ad alto, medio e basso reddito. Allo stesso tempo i paesi più caldi sembrano generale più sprechi alimentari all’interno delle famiglie e questo è potenzialmente collegato al maggiore consumo di alimenti freschi con parti sostanziali non commestibili e alla mancanza di robuste catene del freddo. Temperature stagionali più elevate, caldo estremo e siccità rendono più difficile conservare, lavorare, trasportare e vendere cibo in modo sicuro e spesso portano allo spreco o alla perdita di volumi significativi di alimenti.
Nei paesi a reddito medio, in genere, invece, sprecano meno le aree rurali, e una possibile spiegazione risiede nella maggiore diversificazione degli avanzi alimentari destinati ad animali domestici, bestiame e compostaggio domestico.

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