Giornalisti e operatori sanitari sono stati ridotti al silenzio e imprigionati, denuncia Amnesty International, sottolineando: «Con la pandemia, la libertà di espressione e di informazione sono state considerate una minaccia e i giornalisti che denunciavano la reale dimensione del contagio, il numero effettivi di ricoveri e decessi, la risposta inadeguata dei governi al Covid sono stati licenziati, minacciati, arrestati o processati, spesso grazie ad apposite leggi sulle “fake news”, in diversi Paesi.».

di Piero Mastroiorio —

Il nuovo dossier di Amnesty International, pubblicato lo scorso 19 ottobre 2021, dal titolo Silenced and Misinformed, “Tra bavaglio e disinformazione: libertà d’espressione in pericolo durante la pandemia da Covid-19, denuncia, come la pandemia abbia messo sotto attacco la libertà di espressione, sottolineando che: «gli attacchi portati dai governi alla libertà d’espressione e i flussi di disinformazione hanno avuto conseguenze sulla capacità di avere accesso a informazioni accurate e tempestive, fondamentali per arginare la crisi globale di salute pubblica
Da oltre un anno, governi e autorità adottano censura e sanzioni per ridurre la qualità delle informazioni che arrivano all’opinione pubblica. La pandemia ha dato vita a una situazione in cui nuove legislazioni sono state usate per mettere il bavaglio all’informazione indipendente e per punire chi criticava o cercava d’indagare sulla risposta dei governi alla pandemia da Covid-19
Con la pandemia, la libertà di espressione e di informazione sono state considerate una minaccia e i giornalisti che denunciavano la reale dimensione del contagio, il numero effettivi di ricoveri e decessi, la risposta inadeguata dei governi al Covid sono stati licenziati, minacciati, arrestati o processati, spesso grazie ad apposite leggi sulle “fake news”, in diversi Paesi», denuncia Amnesty, che sollecita gli stati a «cessare di usare la pandemia come pretesto per ridurre al silenzio l’informazione indipendente, ad abolire tutte le limitazioni indebite al diritto alla libertà d’espressione e a diffondere informazioni credibili, attendibili e accessibili in modo tale che il pubblico sia pienamente informato sulla pandemia. Per contrastare la disinformazione non serve la censura, ma occorrono una stampa libera e indipendente e una forte società civile.».

Giornalisti e operatori sanitari sono stati ridotti al silenzio e imprigionati, con le situazioni più critiche, come denuncia Amnesty, registrate, fra gli altri, in Cina, dove il controllo dell’informazione già è partito con lo scoppio della pandemia, nonché, Nicaragua, Russia e Tanzania, per l’introduzione di leggi repressive che hanno limitato il diritto alla libertà d’espressione e ridotto al silenzio coloro che avevano criticato la risposta delle autorità alla pandemia.
Amnesty chiama in causa anche le piattaforme social e il loro ruolo nella diffusione della disinformazione sulla pandemia, amplificano quei contenuti che attirano attenzione e «non hanno applicato una sufficiente diligenza dovuta nel prevenire la diffusione di informazioni false e fuorvianti.».
«Abbiamo assistito a un attacco senza precedenti alla libertà d’espressione: tra chiusure di mezzi di comunicazione e censura dei social media, il pubblico ha enorme difficoltà ad accedere a informazioni utili per fronteggiare la pandemia», dichiara Rajat Khosla, direttore delle ricerche di Amnesty International, sottolineando che: «Mentre chiediamo ai governi e alle aziende farmaceutiche di assicurare che i vaccini siano prodotti e distribuiti a tutte e a tutti nel Mondo, ci rivolgiamo anche agli stati e alle proprietà delle piattaforme social affinché garantiscano libero accesso a informazioni accurate, basate su prove e tempestive, in modo tale da minimizzare l’impatto della disinformazione sulle campagne vaccinali. Oltre sei miliardi e mezzo di dosi di vaccino sono state inoculate a livello globale, ma solo il 2,5% della popolazione degli stati a basso reddito ha ricevuto almeno una dose. Quando mancano meno di 75 giorni alla fine dell’anno, chiediamo agli stati e alle aziende farmaceutiche di cambiare radicalmente rotta e di fare tutto il necessario per fornire due miliardi di dosi di vaccino agli stati a basso e a medio-basso reddito, ma per fare questo occorrono informazioni sicure e attendibili.».

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