di Piero Mastroiorio —

Con 370 voti favorevoli, 199 voti contrari e 46 astensioni, i deputati del Parlamento europeo, riuniti in plenaria, hanno adottato, lo scorso 12 marzo 2024, in via definitiva, nuove leggi per ridurre il consumo energetico degli edifici e le emissioni. Le nuove regole dovrebbero garantire la riduzione progressiva delle emissioni gas serra nel settore edilizio entro il 2030, con obiettivi principali, anche, la ristrutturazione di un maggior numero di edifici con le prestazioni peggiori e una migliore diffusione delle informazioni sul rendimento energetico, atteso che, per la Commissione europea, gli edifici dell’Unione europea sono responsabili del 40% dei consumi energetici e del 36% delle emissioni di gas a effetto serra.

La nuova normativa prevede che tutti i nuovi edifici dovranno essere a emissioni zero a partire dal 2030 e, quelli occupati o di proprietà delle autorità pubbliche dovranno essere a emissioni zero a partire dal 2028. Per quanto riguarda le strutture residenziali, i Paesi membri dovranno adottare misure per garantire una riduzione dell’energia primaria media utilizzata di almeno il 16% entro il 2030 e di almeno il 20-22% entro il 2035. Gli Stati membri dovranno, inoltre, ristrutturare il 16% degli edifici non residenziali con le peggiori prestazioni entro il 2030 e il 26% entro il 2033, introducendo requisiti minimi di prestazione energetica.
A partire da queste premesse resta il tema dell’impatto ambientale, perciò, entro il 2030, i Paesi membri dovranno garantire l’installazione progressiva di impianti solari negli edifici pubblici e non residenziali, in funzione delle loro dimensioni. Infine, gli Stati membri dovranno spiegare come intendono predisporre misure vincolanti per decarbonizzare i sistemi di riscaldamento eliminando, gradualmente, i combustibili fossili nel riscaldamento e nel raffreddamento entro il 2040. Sul fronte esenzioni, la nuova legge non prevede applicazioni su edifici agricoli e gli edifici storici, e i Paesi membri possono decidere di escludere anche gli edifici protetti, per il particolare valore architettonico o storico, gli edifici temporanei, le chiese e i luoghi di culto.

In attesa che il Consiglio dei ministri approvi la direttiva per farla diventare legge il di nuovi aggiornamenti, il Codacons, ha così commentato le nuove misure varate dall’Ue in tema di “case green”: «Gli interventi di riqualificazione energetica previsti dall’Ue determinerebbero un costo complessivo medio tra i 35.000 e i 60.000 euro, considerando una abitazione di 100 mq e potrebbero determinare nel medio termine effetti enormi sul mercato immobiliare, portando ad una svalutazione fino al 40% del valore degli immobili non oggetto di lavori di riqualificazione. I lavori di riqualificazione più comuni, che interessano cappotto termico, infissi, caldaie e pannelli solari, hanno costi molto diversificati a seconda della tipologia dei materiali scelti e dell’ubicazione territoriale degli edifici. Il cappotto termico, ad esempio, ha un costo medio compreso oggi tra i 180 e i 400 euro al mq, mentre, per gli infissi, la spesa varia in media da 10.000 a 15.000 euro.».
«La transizione non va declamata, ma praticata. Le emissioni di CO2 derivano in gran parte da immobili energivori. Apprezziamo i tempi e le modalità più soft definite, tuttavia, siamo preoccupati se non interverranno tempestivamente decisioni da parte dello Stato e delle Regioni per aiutare le famiglie, a partire da quelle che vivono in povertà energetica, circa 2.000.000. Serve assolutamente istituire un fondo per la povertà energetica che aiuti nella ristrutturazione e preveda contributi mirati alle famiglie per raggiungere l’obiettivo. Non si può scaricare il peso della transizione sulle persone», è il commento di ADOC, Associazione per la difesa e l’orientamento dei consumatori e di UNIAT, Unione Nazionale Inquilini Ambiente e Territorio.

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